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Mia cugina è un'ascidia!

Con questo post inizio un lungo (e spero continuativo) cammino che ripercorrerà l’evoluzione dei primi vertebrati, con un occhio di riguardo soprattutto al record fossile. Spero di essere chiaro e comprensibile (la base della divulgazione). Se non dovessi esserlo, sgridatemi.
Partiamo dunque.
I vertebrati sono tutti quegli animali che sono dotati di uno scheletro interno, in molti taxa osseo (come il nostro), in altri composto in larga parte da cartilagine, come negli squali. Attualmente i vertebrati sono tra gli animali più conosciuti, e anche nel mondo paleontologico sono un gruppo che ha riscosso grande successo, così che sono state studiate molte specie e si è potuto ricostruire la storia evolutiva di molti gruppi.
Tuttavia, ciò che sappiamo sulla loro origine è ancora troppo poco per avere un quadro completo.

Prima di prendere in considerazione l’origine dei vertebrati, dobbiamo però fare un discorso preliminare su quelli che oggi sono i più prossimi parenti dei vertebrati. Il gruppo dei vertebrati è incluso in un gruppo più grande, Chordata, attualmente rappresentato dai vertebrati, appunto, e da due bizzarri gruppi di animali, Cephalochordata e Urochordata, di cui fanno parte rispettivamente il famoso anfiosso e le simpatiche ascidie.
La caratteristica principale di Chordata è il possesso di una notocorda, una struttura rigida, formata da un rivestimento esterno di collagene che ricopre una specie di tubetto fibroso di tessuto connettivo, che ha la funzione di rendere rigido, ma allo stesso tempo flessibile, il corpo dell’animale che ne è dotato. Entrambi i tre gruppi di Chordata sono dotati di questa struttura, nonostante non sempre sia così evidente.


Parlare dell'anfiosso e delle sue caratteristiche non è poi così difficile, visto che la sua forma generale ricorda vagamente quella di un pesce.
I taxa appartenenti al gruppo dell’anfiosso, Cephalochordata, hanno forma allungata, con un corpo simile a quello di una lampreda, molto mobile, con cui nuotano secondo un movimento ondulatorio, e varie caratteristiche che indicano chiaramente la loro appartenenza a Chordata, come ad esempio il possesso di endostilo (una ghiandola che produce muco), di una muscolatura parallela che decorre sopra la notocorda e di una faringe.

Struttura interna di un cephalochordato
Gli anfiossi, come Branchiostoma (figura sotto), sono animali filtratori che vivono generalmente dentro fossi scavati nel substrato tramite il loro movimento ondulatorio.
A differenza delle ascidie, come vedremo, i cephalochordati presentano notocorda sia da adulti che da giovani, per cui la loro identificazione come chordati non ha mai avuto grosse difficoltà.
La loro conformazione più simile a quella dei primi vertebrati li rende facilmente relazionabili con questi ultimi, e fino a qualche tempo fa venivano effettivamente considerati come il gruppo più affine ai vertebrati. Ma come vedremo fra poco non è più così.

Due esemplari di Branchiostoma lanceolatum

Credere che un anfiosso sia parente dei vertebrati penso non sia così difficile, vista la sua forma vagamente da pesce, ma la situazione diventa più complicata quando si osserva un’ascidia, come quella qui sotto.

Esemplare adulto di un ascidia

La forma tipica di una ascidia adulta è quella di una specie di sacca bianca, traslucida, con due aperture sulla sua sommità, chiamate sifoni. Le ascidie sono animali filtratori, che passano l’intera vita adulta fissi al substrato a filtrare il nutrimento attraverso i sifoni (uno inalante, l’altro esalante). Ma perché questi bizzarri animali, a forma di sacca, fissi e filtratori, dovrebbero essere imparentati con i vertebrati?
La domanda è lecita, la soluzione relativamente semplice.

Struttura interna di una larva di urochordato
Un ascidia adulta non possiede notocorda, tuttavia essa è presente e molto evidente nella sua larva, un animaletto natante relativamente simile ad un avannotto di pesce in stadio precoce. Non solo, essa presenta anche muscoli paralleli ai due lati della notocorda, possiede una corda nervosa, che giace sulla notocorda e che si diparte dalla punta della “coda” fino alla parte anteriore del corpo, formando una specie di cervello, molto semplice ma dotato persino di una specie di occhio, una zona sensoriale capace di distinguere la luce. Qualcuno poco affine ai meccanismi dell’evoluzione potrebbe addirittura dire che la larva è quasi “più evoluta” dell’adulto. Diciamo che a livello di caratteristiche, c’è più del cordato nella larva che nell’adulto.
La presenza della notocorda e di altre caratteristiche nel giovanile delle ascidie indica chiaramente che esse sono cordati, e che quindi Urochordata (il gruppo delle ascidie) è interno a Chordata.
 Benchè un tempo si pensasse che le ascidie non fossero così affini a vertebrati come lo era l'anfiosso, recenti studi (Delsuc et al., 2006, Delsuc et al.l, 2008) hanno invece dimostrato, attarverso dati molecolari, che le gli urochordati (quindi le ascidie) sono più affini ai vertebrati di quanto non lo siano invece i cephalochordati (gli anfiossi).

Quindi le ascidie, che vi piaccia o no, sonoi  nostri parenti più stretti.
 
A cosa serve tutto questo discorso sui parenti dei vertebrati se il nostro scopo è ripercorrere l’origine di questi ultimi?
Chiaramente, essendo questi tre gruppi (Vertebrata, Urochordata e Cephalochordata) inclusi in un medesimo gruppo monofiletico, avranno un antenato comune le cui caratteristiche saranno utili per ricostruiti le forme più primitive di tutti e tre i gruppi.
Così, ricostruendo le relazioni filogenetiche di questi tre gruppi e riuscendo a rintracciare le caratteristiche che il loro antenato comune (il “primo chordato”) doveva avere, saremo facilitati nel ricostruire l’origine dei vertebrati.

Tutto questo però, nella prossima PaleoStoria.

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Bibliografia:
 - Delsuc F., Brinkmann H., Chourrout D. & Philippe H. 2006
Tunicates and not cephalochordates are the closest living relatives of vertebrates. Nature 439 (7079): 965–968
- Delsuc F., Tsagkogeorga G., Lartillot N. & Philippe H. 2008
Additional molecular support for the new chordate phylogeny. Genesis 46 (11): 592–604

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